Disprassia: difficoltà nella coordinazione motoria

Disprassia: difficoltà nella coordinazione motoria

Come poter intervenire?

Con il termine prassia è indicato l’insieme dei movimenti coordinati e intenzionali in funzione di un determinato risultato. Le prassie sono frutto di un processo di apprendimento. Tale acquisizione può derivare dall’educazione ricevuta o dalle esperienze vissute dal soggetto.

Nell’infanzia, lo strumento più efficace per apprendere le prassie è l’attività ludica.

Volendo analizzare le componenti della prassia troviamo: 1) Intenzionalità, ossia la volontà cosciente di produrre un determinato movimento. 2) Motivazione, intesa come la spinta all’azione, che orienta verso l’obiettivo. 3) Attenzione, vista come concentrazione sulla situazione presente. 4) Apprendimento delle coordinate spaziali, come ad esempio: destra, sinistra, alto, basso, ecc. 5) Funzionamento delle strutture neuronali e corporee per progettare ed eseguire l’azione.

La sequenza che si forma nella mente è: pensare all’obiettivo da raggiungere > programmare l’azione > esecuzione del movimento.

Nella disprassia, invece, è presente una sorta di confusione, il bambino non è in grado di eseguire l’azione, nonostante non abbia lesioni motorie o sensoriali.

All’origine di tale difficoltà ci può essere una ridotta capacità di rappresentare lo strumento da utilizzare, quindi avere poca dimestichezza ad esempio con forbici, penne, lacci delle scarpe, posate, ecc.; può non essere in grado di tradurre la sequenza motoria che ha in mente; è incapace di prevedere il risultato dell’azione; e così via.

Cosa si può fare per aiutare il bambino con disprassia? Prima di tutto occorre condividere il progetto con i vari soggetti coinvolti: il pediatra o il neuropsichiatra infantile, l’insegnante, i genitori. Concordare gli obiettivi da raggiungere, nonché il programma di intervento.

Senz’altro dovrà avere come sfondo una modalità ludica, affinché la motivazione del bambino sia alta e stimoli la sua attenzione. Il conduttore del progetto deve avere un atteggiamento attivo, fungere da modello e interagire con il bambino.

Una proposta di psicomotricità funzionale può essere ottimale. Iniziando con delle esperienze di coordinazione cinetica globale (dal gioco libero all’esplorazione dello spazio con movimenti e andature diverse). A seguire delle esperienze di coordinazione oculo-manuale (in movimento, ad esempio utilizzando il pallone; oppure muoversi in un labirinto disegnato). Per poi terminare con delle esperienze di motricità fine, che vedono all’opera più specificatamente le mani (disegni con i pastelli a cera, strappare, piegare e tagliare un foglio, formare delle palline con la carta velina, ecc.).

[Fonte testo: Massimiliano Briganti, educatore professionale e psicomotricista funzionale]

[Fonte immagine: http://www.childadvocates.net/

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